Si continua a navigare tra mille emozioni e visioni incredibili.
Questa edizione del Siciliambiente Film Festival porta con sé tutto il carico contemporaneo di amore, di richiami ai diritti umani, di una idea di “ambiente” e di sostenibilità a tutto tondo.
Ottavio Navarra ha presentato con Alessio Calaciura il suo “Volevo essere pernambuco” (Navarra Edizioni), in una conversazione informale e riflessiva e, restando nella letteratura, è stata poi la volta dell’appassionata lettura a cura di Sergio Sichenze con “Viaggio Letterario: la Sicilia di Vincenzo Consolo“.
A dare il via alle visioni è stato “On my way” racconto in prima persona per la regia di Emelie Carlsson Gras, presente in sala: un viaggio di consapevolezza in Senegal, alla scoperta dell’hip hop, del rap, della regia al femminile nel paese africano, fra pregiudizi e voglia di appropriarsi del proprio posto nel mondo.
In spiaggia abbiamo incontrato invece il regista Filip Remunda di “Chickens, Virus and Us”, un tenero documentario sulla vita della sua famiglia (moglie e 3 bambini) durante la pandemia, che decide di adottare un gallo ciascuno, dopo aver compreso l’impatto che gli allevamenti intensivi e irrispettosi degli animali hanno avuto e hanno ancora sul nostro pianeta. Il tutto, corredato dalle solite domande ingenue dei bambini, che generano dubbi negli stessi adulti.
Giovedì giornata lunga: Sup Sunrise all’alba, uscita di gruppo Stand Up Paddle con sessione di breathing mindfulness, per prepararsi alla intensa serata.
Aperitivo con Ottavio Navarra e Giankarim De Caro, scrittore dallo stile asciutto e tagliente che racconta una Sicilia di invisibili.
Visioni al femminile e piene di emozioni importanti: Sheila Melosu, organizzatrice e anima del festival, incontra la giornalista e reporter Angela Caponnetto e Sahraa Karimi, regista afghana – “Popoli in fuga. Migrazioni: tra stato di diritto e necessità” – il loro è stato molto più che un incontro, è stato il confronto a cuore aperto di due esseri umani che hanno conosciuto la disumanità.
Il dolore tangibile dei racconti di Angela, di vite spezzate, di migrazioni, restituisce il lato umano di un fenomeno che affolla le coste e sconvolge le vite di Paesi interi.
A questo il contrappunto acceso e dolente delle parole di Sahraa, esule costretta dall’occupazione a lasciare l’Afghanistan dove le donne vengono vessate, uccise, costrette a vivere nell’ombra e in una assurda prigionia.
“Il cambiamento” ha detto Sahraa riferendosi ai Talebani “non è un progetto, ma un processo”. L’abbiamo salutata con il cuore grato e stretto, ma con la ricchezza del suo racconto vero, personale, profondo.
Dibattito aperto anche con Marco Borromei, co-sceneggiatore di “Piccolo Corpo” di Laura Samanj, la storia della forza di una madre che affronta un lungo e articolato viaggio per poter salvare dal limbo l’anima della sua bambina morta alla nascita.
E poi siamo finiti tra gli oceani con York Hovest e il suo “Heroes of the sea” un documentario girato in 5 anni sulla protezione del mare e sui suoi eroi.